Il significato del cibo nei disturbi del comportamento alimentare

 

Nutrirsi è una delle principali attività umane finalizzate alla sopravvivenza e alla riproduzione. Esso rappresenta un vero e proprio fenomeno bio-psi-socio-culturale per via delle molteplici dimensioni che nell’esistenza umana esso riveste. È un bisogno vitale che costituisce un’esperienza fondamentale nell’arco del ciclo di vita di ogni singolo individuo modulandosi secondo codici cognitivi, affettivi, comportamentali, comunicativi, socio-relazionali e culturali.

Sin dalla nascita mangiare rappresenta un’esperienza relazionale ed affettiva, il bambino infatti inizia a conoscere il mondo attraverso la bocca comunicando affettivamente ed emotivamente con gli altri attraverso le sue sensazioni di fame, di sazietà, di gusto e di disgusto. Durante l’allattamento madre e bambino sperimentano un’intimità psicofisica attraverso un intenso contatto corporeo . In questo primo contesto relazionale il cibo verrà investito dal bambino di un significato di buono o cattivo in relazione alle modalità affettuose o meno con le quali l’alimento verrà offerto e di conseguenza ricevuto. La suzione ci fa venire in mente la dolcezza, la tenerezza ma ad essa si accompagna il morso, di conseguenza mangiare è anche un atto aggressivo caratterizzato dallo strappare, mordere, triturare, distruggere. Mangiare è uno dei primi canali, insieme al pianto, con cui il bambino esprime la rabbia. Amore ed aggressività sono così strettamente legati, mangiando ciò che piace lo si distrugge .

Nel corso della crescita il bambino impara nuovi modi di mangiare sia in famiglia che a scuola, conosce nuovi cibi organizzando la sua personalità anche attraverso l’espressione di gusti, preferenze e avversioni.

Durante l’adolescenza a causa dell’importante processo di trasformazione personale e sociale il mangiare può essere letto come medium di espressione di bisogni e dei conflitti che l’adolescente vive e propone relativamente ai suoi contesti vitali cioè famiglia, scuola e pari.

Ogni volta che mangiamo investiamo l’alimento di un significato che risponde a codici affettivi, relazionali e sociali. Il cibo si inscrive in una rete di scambi sociali e funziona come mediatore tra le persone, condividere il pane significa, dal latino cum-panis, essere compagni, la parola conviviale deriva dal latino convivium che significa vivere insieme. Dare e ricevere cibo, mangiare insieme significa accettazione e riconoscimento reciproci. Allo stesso modo rifiutare il cibo significa rifiutare l’altro, non riconoscerlo. Mangiare è una pratica che si costruisce insieme agli altri significativi in riferimento a concezioni, rappresentazioni sociali intese come sistemi di credenze, opinioni condivise nel corso dell’interazione sociale. Il cibo, nella sua molteplicità di significati, si presta facilmente come mezzo per esprimere la complessità relazionale che l’individuo vive principalmente durante la fase adolescenziale caratterizzata da profonde trasformazioni. Il mangiare con la famiglia rappresenta un ottimo osservatorio per valutare tali dinamiche. Il pasto familiare è una pratica fondamentale per la costruzione e la riproduzione della famiglia delle relazioni emotive e dei rapporti di potere. La condivisione del cibo edifica la familiarità e la tolleranza. Il tavolo da pranzo è il luogo delle confessioni, risate, rivelazioni di disastri, riti di passaggio e di iniziazione. È al tavolo che si acquisiscono le capacità e le esperienze familiari. I tipi di cibo condiviso e la frequenza del mangiare insieme sono componenti molto forti dei legami affettivi e risultano direttamente correlati alla costruzione e alla riproduzione di relazioni emotive . La condivisione del cibo segna l’appartenenza, l’affetto e l’identità familiare. Le regole sul cibo all’interno della famiglia e il conseguente tentativo dei genitori di modellare le buone maniere dei figli a tavola segnano non solo il confine su ciò che è commestibile o meno o sul come e quando mangiare, ma diventano, in senso più ampio, come un modo per stabilire e mantenere le regole del comportamento civile. Il cibo diventa un importante elemento  attorno al quale ruotano i concetti di educazione, controllo, conformità ed obbedienza. Durante l’adolescenza mangiare a tavola assume particolari significati. Le diverse relazioni di potere che esistono tra genitori e figli si esprimono attraverso il risentimento, la rabbia e la frustrazione che possono essere espresse dentro ed attraverso il corpo dell’adolescente e il suo comportamento alimentare. L’adolescente esprime i suoi sentimenti abbandonando la tavola, mettendo il broncio, gridando, schiacciando o pasticciando con le mani o con le posate il cibo o attraverso manifestazioni fisiche di nausea, di soffocamento o di vomito. Inoltre può reagire a sentimenti di impotenza e di perdita di controllo rifiutando letteralmente di mangiare o mangiando il cibo sbagliato in segno di sfida. Proprio perchè il mangiare a tavola prevede il rispetto di regole comportamentali, comunicative ed emotive, per un adolescente che vuole sfidare la sua famiglia non c’è posto migliore.

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