Dipendenza da Sostanze e Neuroscienze
Oggi la persona che soffre di un problema di abuso o dipendenza da alcol e droghe trova nelle aziende sanitarie dei servizi specializzati che sono in grado di offrire un percorso diagnostico e gli eventuali interventi terapeutici.
La dipendenza da sostanze è una patologia ad eziologia multifattoriale. A generare l’evidenza fenomenica dell’assunzione reiterata di sostanze, infatti, concorrono molteplici fattori, alcuni dei quali non ancora chiari, con forti interdipendenze e variamente rappresentati da individuo a individuo in relazione alle sue caratteristiche neurobiologiche, psichiche e socio-ambientali.
Il comportamento di assunzione di sostanze viene prodotto, dunque, dall’interconnessione di tre dimensioni, cioè quella biologica, quella ambientale e quella psicologica.
Le cause primarie dello sviluppo della tossicodipendenza sono da annoverarsi nella disponibilità di droga da una parte e nel comportamento di assunzione dall’altra. Queste due cause sono a coesistenza obbligata e se il comportamento si reitera (con sostanze in grado di legare l’individuo per le loro caratteristiche farmacologiche), nel tempo si può arrivare ad uno stato di dipendenza che è da considerarsi ormai una vera e propria patologia.
La disponibilità di droga dipende da fattori ambientali (cioè dal mercato offerta) ma anche dalla cultura e dai rituali sociali più o meno propensi all’uso di sostanze, ed un ruolo importante nel determinare la dipendenza lo svolge anche il tipo di sostanza che viene utilizzata.
Quando si è vulnerabili?
Nell’ambito medico il termine “vulnerabilità” ha una tradizione di studi che hanno permesso di identificare dei fattori di rischio la cui presenza comporta il rischio di sviluppare una patologia. La strutturazione del disturbo è l’esito di un lungo processo nell’ambito del quale i fattori di rischio sono stati maggiori dei fattori protettivi.
Questo tipo di approccio portato nella tossicodipendenza porta all’identificazione di fattori di rischio la cui presenza comporta un rischio di uso di sostanze.
La possibilità di produrre comportamenti protettivi o a rischio da parte del soggetto, non è mai determinata una volta per tutte ma può oscillare tra il rischio e la protezione a seconda dell’influenza di vari fattori che possono risentire di situazioni contingenti non prevedibili in grado di condizionare dinamicamente tutto lo scenario comportamentale . Le situazioni contingenti possono essere di vario tipo e di varia forza e possono dipendere da situazioni interne all’individuo (stati d’ansia e/o depressione, e/o aggressività, ecc.) o esterne (stimoli ambientali particolarmente sollecitanti e/o attraenti, condizioni di alta pressione sociale, ecc.) o miste, cioè la combinazione di situazioni interne all’individuo e di fattori esterni.
Il comportamento di assunzione che porta alla dipendenza è sostenuto dunque da uno stato che viene definito di vulnerabilità che a sua volta viene condizionato da vari fattori in ambito biologico, socio-ambientale e psichico. La maggiore o minore vulnerabilità all’uso e alla dipendenza da sostanze sembra avere radici nelle differenze individuali fra le persone, che dipendono tanto da fattori genetici quanto da fattori ambientali, particolarmente importanti nel periodo della maturazione cerebrale (età evolutiva).
Gli studi condotti presso la University of California Los Angeles (UCLA), Laboratory of Neuroimaging (LONI), dal gruppo di Arthur Toga (2006) hanno mostrato per la prima volta che il cervello termina la sua maturazione dopo i 20 anni. Questo tipo di ricerca sembra destinata a rivoluzionare gli interventi preventivi in età evolutiva. Diventa infatti di importanza strategica evitare che il cervello delle persone nei primi 20 anni di vita sia esposto a sostanze d’abuso.
Yucel e colleghi hanno pubblicato una rassegna sulla letteratura che si è occupata delle conseguenze neuropsicologiche dell’uso a lungo termine di alcol, cannabis, inalanti, oppiacei, psicostimolanti ed ecstasy; questi ricercatori hanno evidenziato che gli individui con storia di uso cronico di sostanze mostrano gravi deficit neuropsicologici a livello di memoria, controllo esecutivo e processi decisionali, oltre ad anomalie neurobiologiche che interessano in particolare i circuiti fronto-temporali e i gangli della base. La dipendenza è caratterizzata da una evidente perdita di autonomia e di controllo sul proprio comportamento: l’uso di sostanze da parte di soggetti dipendenti nonostante un’apparente consapevolezza delle conseguenze negative a questo associate, esprime chiaramente i deficit del controllo inibitorio, della capacità di prendere decisioni e di regolare gli affetti (funzioni principalmente attribuite alla corteccia prefrontale). Il comportamento patologico, i tratti di personalità e i disturbi mentali comuni fra chi fa uso di droghe, sono associati a deficit neuropsicologici simili.