
Neuroscienze: La Tossicodipendenza come patologia della motivazione e della scelta
La caratteristica comportamentale principale della tossicodipendenza è la continua vulnerabilità alla ricaduta anche dopo anni di astinenza. La vulnerabilità deriva da un desiderio incoercibile della sostanza e dalla ridotta capacità di controllare questo desiderio. La dipendenza può, dunque, essere vista come una patologia dell’attribuzione di importanza a uno stimolo predittivo della disponibilità di sostanza e di come il cervello regola le scelte comportamentali in risposta agli stimoli. Quindi la fase finale della dipendenza è caratterizzata da una eccessiva importanza motivazionale verso la ricerca della sostanza.
La plasticità patofisiologica nella trasmissione eccitatoria riduce la capacità della corteccia prefrontale di dare il via a comportamenti in risposta a gratificazioni biologiche e a fornire controllo esecutivo sulla ricerca della sostanza. Contemporaneamente la corteccia prefrontale risulta iper-reattiva rispetto allo stimolo della sostanza, che si traduce in un impulso glutamatergico sovrafisiologico nel nucleo accumbens, in cui le sinapsi eccitatorie riducono la propria capacità di regolare la neurotrasmissione. Gli adattamenti cellulari nell’innervazione glutamatergica prefrontale del nucleo accumbens favoriscono il carattere compulsivo di ricerca della sostanza nei soggetti dipendenti, diminuendo il valore delle gratificazioni naturali e il controllo cognitivo (“la scelta”), e incrementando l’impulso glutamatergico nella risposta allo stimolo associato alla sostanza.
La proiezione glutamatergica dalla corteccia prefrontale all’accumbens è la via comune conclusiva per esplicitare la ricerca di droga. Questo locus anatomico della patologia è coerente con la disfunzione comportamentale nella dipendenza poiché alla proiezione prefrontale-accumbens vengono attribuite le proprietà della salienza motivazionale e della direzione verso comportamenti normali diretti allo scopo.
L’associazione di evidenze funzionali e cellulari nei soggetti dipendenti rivelano una situazione attraverso la quale la regolazione prefrontale del comportamento è ridotta a condizioni basali contribuendo perciò alla ridotta salienza di stimoli motivazionali non relativi alle droghe e a una ridotta capacità decisionale. Quando tuttavia lo stimolo predittivo della disponibilità della sostanza è presente vi è una profonda attivazione della corteccia prefrontale e dell’impulso glutamatergico verso il nucleo accumbens. Associato ai neuroadattamenti cellulari dell’accumbens, che rende le sinapsi eccitatorie relativamente immuni alla regolazione, l’aumentato impulso prefrontale contribuisce ampiamente alla salienza motivazionale verso stimoli associati alla droga e di conseguenza favorisce il craving e la ricerca della sostanza.
Anche l’amigdala è coinvolta in questo processo patologico: essa infatti ha un ruolo chiave nello stabilire le associazioni apprese tra eventi rilevanti dal punto di vista motivazionale e stimoli altrimenti neutri che diventano predittivi dell’evento . Le interazioni tra il nucleo dell’amigdala basolaterale e quello centrale coinvolgono le associazioni autonomiche ed endocrine attraverso vie di proiezione dai nuclei centrali al tronco dell’encefalo, l’ipotalamo e i neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale. Al contrario le proiezioni glutamatergiche dall’amigdala basolaterale alla corteccia prefrontale e all’accumbens sono necessarie affinché le associazioni apprese influenzino risposte comportamentali più complesse.
I processi fondamentali coinvolti nella dipendenza sono La motivazione ed il decision making .
Possiamo imparare molto sui meccanismi cerebrali della dipendenza studiando la motivazione e, possiamo comprendere ancora meglio la motivazione studiando i meccanismi cerebrali della dipendenza da sostanze.
La motivazione può essere astratta (per esempio, desiderare di essere felice), ma può anche essere molto con-creta, come ad esempio, il bisogno di nutrirsi quando si ha lo stomaco vuoto. Nella teoria delle basi biologiche della motivazione il “bisogno” viene considerato come la deviazione dall’equilibrio omeostatico soggettivo. La percezione di necessità di omeostasi/coerenza attiva meccanismi di riequilibrio di vario tipo. Un bisogno determina quindi una pulsione verso il riassestamento della deviazione e la pulsione è ciò che determina la forza motivazionale che può arrivare a motivare un’azione. I motivi che sembrano essere innati e connessi direttamente ai bisogni biologici fondamentali sono detti “motivi primari”, mentre i motivi che sono connessi solo indirettamente ai bisogni biologici, e che sembrano essere il prodotto di processi di condizionamento o apprendimento, vengono chiamati motivi secondari. Questa distinzione non è sempre chiara. Certe cose sono associate con un numero tanto grande di scopi differenti che il desiderio di esse diventa un motivo funzionalmente autonomo: è come se queste cose diventassero oggetto di una pulsione indipendente da qualunque altro scopo.
Il decision making, ovvero la capacità di prendere decisioni, è certamente uno dei temi maggiormente indagati dai ricercatori vista la sua importanza in diversi ambiti della vita quotidiana. Uno dei contributi più rilevanti sull’argomento è stato la “Somatic marker hypotesis” e con il famoso “Iowa Gambling Task” un testo costruito allo scopo di valutare il decadimento delle capacità decisionali. Sono stati condotti anche studi di neuroimaging che mostrano come l’insula e i gangli della base giocano un ruolo rilevante nel guidare le decisioni a lungo termine. Il lobo parietale inferiore sembra coinvolto nella valutazione delle conseguenze delle decisioni e la corteccia frontale sembra essere implicata nella correzione degli errori.