
Relazioni di coppia: nè con te nè senza di te
La Dipendenza nella coppia
Nelle relazioni di coppia a sfondo narcisistico l’uno proietta sull’altra i modelli di relazione sperimentati ed appresi nell’infanzia: l’obiettivo è cercare una copia di quella relazione nel rapporto attuale, non trovandola o trovandola in modo parziale, con possibilità di confronto e crescita ma anche di conflitto e rottura o del dispiegarsi di una relazione sofferente. Né con te né senza di te, sembra lo slogan delle coppie infelici, un rapporto simbiotico dove le persone stanno insieme per la compensazione di bisogni personali inconsapevoli. Il contributo di Telfener bene illustra le implicazioni relazionali dell’equilibrio affettivo che contraddistingue le coppie con forte impronta narcisistica di uno dei partner. Sentirsi in gabbia ma al tempo stesso continuamente evitati, ignorati e talora svalutati, ma nel contempo non liberi di agire scelte indipendenti, talora essere oggetto di tradimento ma anche di gelosia: non sono che alcuni dei vissuti contraddittori e dei pattern di relazione che talora ritroviamo in queste storie di coppia. La dinamica descritta da Telfener è quella tra il soggetto che si sacrifica (dipendente) e il soggetto (narcisista) che diviene persecutore svalutante, che proietta sull’altro le parti di sé che ha bisogno di riprodurre e confermare: “è come se il narciso dicesse non chi sono ma chi sono per te e diventasse fondamentale che la donna pensi tutto il bene di lui” (…) dato questo circuito così stretto il compito dei due partner diventa delicato: non essere così vulnerabili da essere minacciati dall’indipendenza dell’altro, non essere così indipendenti da attentare alla vulnerabilità dell’altro” . Se la risposta è confermante in positivo si assiste a circoli virtuosi, altrimenti ne scaturiscono circoli viziosi dove ognuno proietta sull’altro gli aspetti mentali e comportamentali che appartengono a se stesso, come ad esempio l’ambivalenza che si rimprovera al partner senza guardare alla propria. Il circolo vizioso porta a disagio affettivo e i due si allontanano con rancori e paure, facendosi molto male con provocazioni e accuse del tipo “non sei mai …” o “sei sempre …” quando un momento prima “avevano fatto bene all’altro”. Questo succede, quando fra i due non c’è più l’elemento affettivo oppure quando l’amato viene visto come troppo vicino e pericoloso o come un fuggiasco, perché non c’è un’esperienza di base sicura nelle relazioni affettive dei componenti della coppia infelice e quindi ci si difende a oltranza. La coppia sembra oscillare tra una fase nella quale c’è fusione ad un’altra nella quale il messaggio dell’uno viene colto come distacco, non- amore, fuga, e l’altro si sente offeso, non compreso, soprattutto lasciato solo. In questi casi spesso pare che il dolore dell’uno non sia riconosciuto dall’altro, come un dialogo tra sordi, anzi il dolore del partner provoca esperienze di paura, rabbia, impotenza, fuga. Sembra importante invece favorire un’operazione di espressione e riconoscimento senza colpe e accuse, dove sia chiarito che l’esperienza dell’uno non può essere controllata dall’altro, a favore di una consapevolezza comune della sofferenza di entrambi. I paradossi delle relazioni di coppia La relazione che si costruisce a partire da un “quid pro quo” che rappresenta la soddisfazione complementare del bisogno di uno dei due partner, e che si incastra altrettanto bene nel bisogno dell’altro di rispondere a quella parte, diviene un sistema che si regge da solo attraverso due esseri e due corpi che si appoggiano l’un l’altro . Parliamo dei paradossi del quid pro quo, che nascono quando le aspettative idealizzate di un partner verso l’altro sono in contraddizione con la definizione della relazione che si viene a creare, che dipende da tanti fattori.
Il padre di tutti i paradossi: ci scegliamo un partner utile a definire rapporti con la nostra famiglia di origine.
Si prevedono due possibilità:
- che ci permetta di ripetere o proseguire un’esperienza se questa è stata soddisfacente;
- ci faccia vivere un’esperienza compensatoria e/o di risarcimento se questa è stata insoddisfacente.
Ci proiettiamo nel futuro alla ricerca del passato, con un’inevitabile idealizzazione del partner o della partner, idealizzazione che favorisce profezie che si auto-avverano. Ne discendono le seguenti tipologie di relazioni:
- Relazione di dipendenza che include un aspetto gerarchico (io ti salverò o salvami, lui è buono, comprensivo o lo farò per te, ti aiuterò, ecc.). Il paradosso si può formulare in questo caso: come essere pari senza perdere la relazione di dipendenza. È il paradosso più frequente che nelle sue forme più esasperate può portare a conflitti particolarmente aggressivi.
- Prevede una relazione paritaria di due tipi:
- a) di sostegno reciproco di fronte a debolezze condivise;
- b) di competizione, “ci amiamo perché siamo liberi e dinamici”. Il paradosso si può riassumere nel modo seguente: come essere interdipendenti essendo liberi. I poli dei paradossi descritti sono inquadrabili in una costruzione linguistica logica che cerca di spiegarsi il disordine e rumore emotivo emergente nelle relazioni affettive. E’ l’operazione che comunemente facciamo mentre siamo attraversati dagli accadimenti emotivi nel nostro rapporto col mondo. Tali poli sembrano ruotare attorno a significati di “dipendenza” e “libertà”, per cui pare difficile che esista l’una e l’altra insieme; anzi sembrano escludersi a vicenda. Quando uno dei due partners modifica la sua posizione nel rapporto di coppia, la definizione della relazione ne risente, così da creare un paradosso che si autoalimenta delle stesse azioni dei due che cercano di ristabilire le posizioni relazionali iniziali, richiamabili a quelle vissute (secondo la teoria dell’attaccamento) nei primi rapporti affettivi. Tale movimento a due, che potremmo chiamare danza, non si realizza nel senso di trovare un nuovo equilibrio che reintegri i cambiamenti, ma devia verso posizioni di mantenimento della relazione che sembra avere motivazioni forti nel sostenere l’individualità del soggetto. L’individuale integrità dei partner, o anche di uno solo di essi, sembra minacciata dal movimento verso l’integrazione della coppia, dall’ abbandono di una complementarietà conservativa rassicurante. Potremmo avanzare l’ipotesi che “libertà” e “dipendenza” siano poli logici contrapposti che sembrano caratterizzare le relazioni infelici. Sembra non esserci libertà senza attaccamento e quindi dipendenza. Un processo di separazione-individuazione riuscito non può avvenire se non attraverso la relazione con l’altro. La libertà è anche quella di essere dipendenti senza sentirla come una minaccia al proprio equilibrio psichico. E insieme alla libertà anche il desiderio pare influenzato da una relazione sana, dove i partecipanti sono liberi di fare delle scelte e lo sono perché possono permettersi di non dover fare da contesto all’altro, di non doverlo far stare in piedi oppure di non appoggiarsi al partner per poter “camminare”. I soggetti della coppia sono in pratica in grado di fare una scelta. Possiamo osservare nell’oscillazione logica tra libertà e dipendenza una nuova formulazione del paradosso della coppia: se si è liberi ci si ritrova soli e incompresi, se si è soli ci si trova liberi ma senza relazione. Nelle relazioni di co-dipendenza affettiva sembra essere una caratteristica comune di fondo.
In conclusione possiamo affermare che l’esperienza primaria di relazione può essere considerata come un, un apprendere ad apprendere la relazione con l’altro secondo certe regolarità confermate e confermanti e funge da premessa sul sé in relazione con l’altro. Anche se la premessa riguarda il sé, l’altro è sempre coinvolto perché il senso di sé si è costruito specularmente e tende a mantenere una coerenza, una conferma che viene ricercata nel partner o nella partner.C’è vero amore solo dove c’è libertà e la libertà si desidera, la si prende, non la si può chiedere come un bisogno, perché altrimenti è dipendenza. Nella relazione dipendente, l’altro viene investito di significati che fanno da contesto per il partner, ossia conferiscono conferma e valore, ancorchè parziali, al suo sistema di significati e viceversa. Potremmo ipotizzare che ciò succeda anche nelle relazioni di amicizia. Nella relazione autonoma, che è insieme appartenenza e libertà, è il soggetto, donna o uomo che sia, a riconoscere la sua parte e a saperla distinguere dall’altro per compiere le sue libere scelte, autonome, moltiplicando così nel rapporto con l’altro le sue possibilità di co-evoluzione e quindi cambiamento.